Nick, puoi distruggere questi kite, please?
Schiantare la propria ala in acqua è un passaggio quasi obbligato del processo di apprendimento, sia che si voglia eseguire un semplice Back Roll oppure un micidiale Blind Judge 5. Certo è che per le ali è una prova di resistenza. Come testimonia questo test firmato Cabrinha con un testimonial d’eccezione: Nick Jacobsen. Per lui volare e spesso schiantarsi non è un problema. Ma per il kite?
Quando entriamo in acqua l’obiettivo è chiaro per tutti: divertirsi il più possibile mentre il nostro kite svetta in cielo e magari provare a salire in aria anche noi, così giusto per gustarci il panorama. Divertirsi significa anche evitare danni, rotture, incidenti, perdita dell’attrezzatura o peggio ancora fare male a qualcuno. In mare l’eventualità che qualcosa vada storto ci può stare, anche perché per quanto si abbia buonsenso, per quanto ci si adoperi scrupolosamente nel controllare i propri materiali, per quanto si sia esperti nel valutare le condizioni e le proprie abilità, in fondo si sta in mezzo alla natura e si gioca con i suoi elementi. Gli scenari sono tanti, in continuo movimento e le incognite fanno parte del gioco.
Se non vi schiantate, non state progredendo
La paura di farsi male o rompere l’attrezzatura tuttavia non deve prevalere sull’obiettivo di divertirsi e ancor meno su quello di migliorare la propria tecnica. Se durante un’uscita, qualunque sia il vostro livello, non cadete mai, non perdete mai la tavola, non schiantate mai l’ala in acqua, c’è qualcosa che non va. Ossia state semplicemente vivendo di rendita, siete in piena “comfort zone”. Insomma non state progredendo. La via del miglioramento infatti passa necessariamente per errori e wipe out. Non si scappa. Anche il rider più bravo quando sta imparando un nuovo trick sa bene che questo difficilmente riuscirà al primo colpo. Sbagliare serve a prendere le misure, a capire cosa succede a livello di azione, manovre e timing e superare a poco a poco ogni elemento critico. Gli stessi muscoli, oltre che il cervello, devono memorizzare i nuovi movimenti in gioco.
Far cadere l’ala oltre a essere una buona cartina tornasole dell’efficacia dei nostri allenamenti, ha anche i suoi lati positivi: affina la tecnica del rilancio in qualsiasi condizione e in tempi brevi, aumenta la conoscenza delle reazioni della nostra attrezzatura, ci permette di controllare il panico e sentirci sempre a nostro agio in acque profonde. Certi atleti a volte sorprendono non tanto per la spettacolarità delle loro manovre quanto per la destrezza e l’eleganza con cui dopo una caduta riprendono la navigazione.
Quanto è resistente un’ala?
Certo, maltrattare le nostre ali con crash continui ad ogni session non può che accorciare la durata delle stesse e alla lunga può presentarci un conto salato, ossia la loro rottura. Ma quanto resiste un’ala agli schianti in acqua o peggio ancora a terra? Per quante volte e con quale violenza deve cadere prima di esplodere? Se lo chiedono i kiter quando staccano l’assegno per acquistare una nuova ala e se lo chiedono gli stessi Brand che quelle ali le progettano e le assemblano. Curiosità che per esigenze di produzione e di mercato le aziende devono soddisfare anche con appositi test direttamente sul campo.
Nick Jacobsen, il mare e due ali da distruggere
È quello che ha fatto recentemente Cabrinha che ha avuto l’idea di eseguire questo tipo di test e farlo direttamente vedere al pubblico utilizzando un testimonial d’eccezione, Nick Jacobsen, fresco vincitore del Red Bull King of the Air 2017, insomma uno che di schianti se ne intende.
Dave Hastilow, il brand manager dell’azienda, ha invitato l’atleta danese a provare a distruggere due modelli di kite Cabrina, l’FX e lo Switchblade, di fronte alle telecamere. Un test che con uno fuori di testa come Nick potete immaginare come è andato a finire. Buona visione!
David Ingiosi